The Babadook (Jennifer Kent-2014)

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“I film horror di una volta non ci sono più, ormai l’horror non fa più paura come un tempo, guarda preferisco andare al cinema per vedere l’ultima commedia rosa di Pinco Pallino, piuttosto che l’ultimo horror, tanto sono tutti uguali”. Purtroppo troppo spesso sento dire queste cose e devo dire che in effetti al cinema è piuttosto raro poter vedere un buon prodotto horror che meriti applausi. Ogni tanto però capita che al pubblico venga data l’occasione di vedere un ottimo film horror e che questo non ne colga la vera essenza. Non mi metto a parlare di adolescenti senza alcun tipo di consapevolezza sul cinema…anzi sì, solo un accenno. Qualche tempo fa mi sono imbattuta in una discussione con un diciottenne che aveva appena visto per la prima volta L’Esorcista, ero molto curiosa sulle sue considerazioni. Alle mia timida domanda “allora? cosa ne pensi?” la risposta “Mi ha fatto schifo, non ha senso, non fa paura e di sicuro Paranormal Activity è meglio” mi si è gelato il sangue…sacrilegio! Fortunatamente dopo mezz’ora di discussione sono riuscita a farlo rinsavire, ma che fatica…sì, diciamo pure che gli ho tirato su una filippica di mezz’ora per cercare di fargli cambiare idea, ma per l’Esorcista questo ed altro.

Bando alle digressioni, purtroppo uno dei più grossi problemi, soprattutto qui in Italia è che naturalmente spesso e volentieri certi film vengono distribuiti nelle sale durante il periodo estivo, quando la gente al cinema non ci va, oppure tagliano la testa al toro e proprio non lo fanno uscire.

Questo è il classico problema che si è presentato con uno dei più grandi capolavori del cinema horror degli ultimi dieci anni: The Babadook.

No…mi correggo subito: The Babadook non è un horror. The Babadook racconta in chiave horror quello che può essere considerato come il drammatico tentativo di una madre di ricongiungersi al figlio (e viceversa), la rinascita di un nucleo famigliare distrutto dagli eventi e dalla depressione. La trama quindi c’è, regge, è psicologicamente avvincente e sostiene l’intero racconto, alzando notevolmente la barra sul genere.

La storia di questo film nasce nel lontano 2005, quando Jennifer Kent, la regista, gira il suo primo cortometraggio “Monster” in cui una madre si ritrova a combattere contro le paure del figlio personificate in un mostro nascosto nell’armadio.

Monster – Jennifer Kent from Jennifer Kent on Vimeo.

Liberamente estrapolato da questo corto della durata di 10 minuti, ben nove anni dopo esce The Babadook che racconta la storia di una madre single, Amelia, il cui marito resta vittima di un grave incidente stradale proprio mentre sta accompagnando la moglie all’ospedale durante il travaglio. Sette anni dopo, Amelia si ritrova sola, con un figlio (Samuel) iperattivo e profondamente disturbato. Sin da subito si capisce che il rapporto tra i due è vittima del trauma irrisolto di entrambi nell’aver perso il padre e il marito. La donna non riesce più a reggere il comportamento sempre più violento e soffocante del figlio che alterna fasi di aggressività violenta a momenti di profondo affetto, ma sempre vissuto con possessività ossessiva. I seri problemi comportamentali del figlio provocheranno delle difficoltà anche in ambito scolastico, così da suscitare l’allarme dei professori che inciteranno la madre ad accompagnare Samuel da uno specialista. Con la diretta conseguenza che Amelia toglierà il figlio da scuola e lo rinchiuderà in casa, costringendo il nucleo, già ristretto, ad un isolamento sempre più pericoloso. I problemi, quelli veri, inizieranno a farsi insormontabili quando Amelia inizierà a leggere a Samuel un libro cartonato con delle illustrazioni pop-up che racconta di una figura mostruosa, nascosta, insidiosamente inarrestabile.

The babadook-The book

The Babadook fa paura, terrorizza, mette ansia, disturba, è angosciante perché la Kent, con una maestria senza precedenti nell’ultimo decennio, è capace di rivisitare in chiave moderna il perturbante freudiano sul grande schermo. E anzi sembrerebbe proprio che la regista australiana abbia fatto studi molto approfonditi sull’unheimlich e sul suo contrario semantico: heimlich. Come tutti gli opposti anche queste due parole racchiudono etimologicamente parlando un senso comune, dove heimlich significa non solo “confortevole, tranquillo, di casa” ma anche “tenuto nascosto in casa” al contrario per citare Schelling “È detto unheimlich tutto ciò che potrebbe restare […] segreto, nascosto, e che è invece affiorato”. La maestria dunque con cui la Kent riesce a far riaffiorare le ombre in una realtà apparentemente confortevole e familiare, è qualcosa, a mio avviso senza precedenti. Soprattutto per la semplicità, la naturalezza con cui questo film sembra essere girato. Non bastano una madre e un figlio colpiti dalla sfortuna a creare un perfetto nucleo familiare, lo stesso dovrà essere messo alla prova con le sue paure più profonde per poter giungere finalmente alla luce. Scavare in profondità per riportare alla consapevolezza ciò che un tempo era stato rimosso, è quindi il tema portante di questo film.

Altro aspetto interessante è il modo in cui vengono affrontate le paure in un contesto reale in cui la società non aiuta. Amelia viene chiamata a fronteggiare quelle che sembrano essere le paure del figlio, paure che in realtà sono solo sue. Naturalmente anche Samuel verrà risucchiato nell’incubo della madre, ma lui è l’unico a voler affrontare il mostro senza remore, con un coraggio e uno spirito d’animo che possono risiedere solo nell’infanzia. Al contrario, l’adulta Amelia è da anni costretta a recitare una parte che non le compete, a far buon viso a cattivo gioco. Fino alla fine cerca di resistere ed esita, anzi rifiuta completamente qualsiasi aiuto (dai professori alla sorella…) cadendo in un baratro sempre più profondo. La stessa società da cui è circondata la scoraggia ad affrontare le sue paure e questo sarà uno dei più grossi ostacoli che dovrà superare.

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A un livello più profondo The Babadook ci invita quindi a superare le nostre paure, ad affrontarle scavando a fondo per elaborare i traumi del passato e trovare conforto in quella luce che altri non sono se non lucidità e consapevolezza, evitando di cadere nella finzione di una realtà costruita su false e labili fondamenta…perché se così non fosse, prima o poi qualcosa tornerebbe ad infestare le nostre case.

Inutile quindi dire che tra le fonti di ispirazioni della Kent vi è sicuramente l’espressionismo tedesco per il tentativo, riuscitissimo a mio avviso, di esteriorizzare la dimensione interiore.

Il film poi invita alla visione grazie anche ad una fotografia dai toni cupi e angoscianti, dove lunghe ombre minacciose si affacciano agli angoli della casa, che ben presto, da appartamento tranquillo di periferia qual’era, si trasformerà in un luogo cupo e claustrofobico, richiamando le atmosfere dei primi film horror muti, ripresi anche nel libro di fiabe “The Babadook” dalle illustrazioni pop-up, il cui autore ricordiamolo è Alexander Juhasz vincitore nel 2007 del premio Gradiva Award per il Miglior libro per bambini e, nell’anno precedente, del Gold Metal Award della Society of Illustrators.

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Insomma questo film merita molto ed è uno dei più bei film horror degli ultimi anni, anzi probabilmente The Babadook è molto di più. Grazie infatti ad regia perfetta, alla profondità del soggetto, ad una sceneggiatura essenziale ma potente ed una fotografia impeccabile si può dire che questo è uno dei migliori film degli ultimi anni.

Categoria Invisibili (nonostante sia timidamente uscito quest’estate)

10 pensieri riguardo “The Babadook (Jennifer Kent-2014)

  1. Una pellicola davvero notevole, che mi ha conquistato fin dalla prima inquadratura. Bella recensione, molto interessante la lettura in chiave freudiana. Cosa ne pensi di The Witch di Robert Eggers? A me sembra promettere altrettanto bene, spero solo che trovi una distribuzione anche in Italia…

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    1. Ciao e grazie mille per il tuo commento, Baba dook dook doook! Pazzesco sto film, ho tralasciato le mille citazioni all’Esorcista e a Shining che tanto son palesi (come sia riuscita così bene la Kent a fare in modo che Amelia fosse un po’ la Blair, un po’ Shelley Duvall e un po’ Jack Nicholson ancora non me lo spiego). Purtroppo ancora non ho visto The Witch, ce l’ho lì da un po’, ma non ho mai trovato un modo per vederlo, quasi sicuramente verrà distribuito sì, perché avendo vinto al Sundance ha acquisito una certa notorietà, ma le sale si conteranno sulle dita di una mano come sempre. Lo guarderò e poi ci scriverò su. Tu l’hai già visto?

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      1. Di nulla! Citazioni da pelle d’oca davvero, anche quelle al cinema dell’orrore d’altri tempi, che non potevano che stimolare le mie papille da cinefilo. The Witch non l’ho ancora visto nemmeno io, ma devo dire che il trailer mi ha veramente colpito (non mi ricordavo che avesse vinto al Sundance, dovrei stare più attento a queste cose…). Ti faccio ancora i miei complimenti per il blog, che mi ha ricordato una serie di film che ho intenzione di vedere da tempo, ma non mi sono ancora deciso a recuperare (tipo Kynodontas).

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  2. L’ho visto ieri, dopo che avevo letto la segnalazione su questa pagina. Effettivamente mi ha dato discreti brividi, anche se con un figlio che recita così male (soprattutto all’inizio) è ovvio che una mamma poi esce di cervello.

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  3. Siamo parzialmente in disaccordo qui……ne riconosco una buona tecnica registica e una ottima trama nel suo sviluppo, ma purtroppo c’è una cosa che non è all’altezza: il finale. E, a mio avviso, se sbagli il finale, il film viene distrutto, è la cosa più importante per me…….il solo finale può salvare un film mediocre, o viceversa può distruggere un ottimo prodotto

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